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martedì 30 luglio 2013

O IL DOGMA, O I CICISBEI DI CORTE.

Numero di Agosto di "Radicati nella fede" 
[Anno VI, agosto 2013, n° 8]







Editoriale di "Radicati nella fede", agosto 2013.

 Non se ne può veramente più. Ad ogni cambio di Papa, ad ogni cambio di Vescovo, si scatena tutta una corsa per prevedere le mosse del nuovo pontefice o del nuovo prelato. Si scatena tutta una corsa per classificarli tra i conservatori o i progressisti, cogliendo tra le loro parole quella sfumatura che farebbe intuire la loro linea. E tra coloro che così fanno, che sono i più, c'è poi una corsa ad adeguarsi meschinamente, per poter essere annoverati tra coloro che piacciono al nuovo Papa o al nuovo Vescovo. È la corsa della corte, dei “cicisbei” di corte, che devono adeguarsi ai gusti del principe. Perdonateci questo linguaggio un po' duro, non vi sembri irriverente verso l'autorità, non vuole esserlo. È solo per parlare chiaro di fronte a questo adeguarsi umano, troppo umano, verso chi comanda; un adeguarsi che non fa alcun onore  all'Autorità nella Chiesa.

 Siamo in un clima asfissiante, fomentato dai giornalisti, che il più delle volte non capiscono nulla della Chiesa e del suo mistero.

 Ma i giornalisti soffiano su un fuoco non acceso da loro: è la crisi del Dogma che ha innescato l'incendio. In una Chiesa non più preoccupata di custodire le verità di fede, che non mutano, non più preoccupata a perpetuare l'insegnamento di sempre, per consegnarlo alla generazione successiva, ci si mette nella condizione di dover rivoluzionare tutto ad ogni cambio di Papa e di Vescovo... per piacere loro.

 Ve la immaginate nei diciannove secoli passati di storia della Chiesa questa frenesia di adattamento? Forse che ad ogni cambio di Papa o di Vescovo i cattolici, preti e fedeli, si domandavano se era ancora valido che Cristo sia l'unico redentore? O che il Battesimo è necessario alla salvezza? O che fuori della Chiesa non ci sia salvezza? Ve lo immaginate nel passato un riformare continuamente i riti della Messa secondo i gusti dell'autorità? Certo che no! I Papi passavano, più o meno bravi, più o meno capaci, più o meno coraggiosi, più o meno santi, ma tutti custodivano semplicemente il deposito della fede, che Cristo ha loro affidato con tutta la Chiesa; e i fedeli non attendevano nulla di nuovo su questo: attendevano anzi che il Papa li difendesse di fronte ad ogni pericoloso cambiamento ereticale.

 Così i Vescovi di tutti i secoli, affrontavano il tratto di mare della storia preoccupati di custodire e favorire la fede e la vita cristiana del loro gregge. Tutto qui.

 Oggi no, il clima è cambiato: il Modernismo terribile ha intaccato le verità di fede, le ha svuotate, le ha sottoposte a continui nuovi significati, per cui non c'è più nulla di certo... se non adattarsi ai gusti di chi comanda: che tristezza! Questa non è la Chiesa.

 Una grande artista francese, convertitasi e diventata monaca benedettina all'inizio del '900, madre Geneviève Gallois, così si esprimeva sulla crisi modernista, parlando della sua vocazione religiosa:

 “Cercavo avidamente di conoscere il dogma, questa Roccia, questo Acciaio infrangibile, questo Assoluto, sul quale mi sedevo con uno stupore meravigliato, perché non si piegava e  non portava con esso, la necessità di cercare altre cose. La verità era là, inflessibile e totale: due cose che non avevo mai incontrato nelle opinioni fluttuanti nelle quali fluttuavo.

 Erano i tempi del Modernismo, del Sillonismo, del Femminismo, dell'Altruismo, del miglioramento del Proletariato, ecc... Sotto il pretesto della fraternità si faceva (e si fa ancora) una insalata di tutte le religioni, torturando il dogma per adattarlo a tutte le opinioni.

 In ognuna di queste divagazioni vi è una particella di verità, ma una particella staccata dal suo contesto e snaturata; la Verità così cucinata è più perniciosa dell'errore evidente. Il Padre Besse (il benedettino che la guidò nella conversione, ndr) mi diceva: “Il Modernismo ha adottato la terminologia del cattolicesimo svuotandola della sua sostanza”.

 La Religione non diventava che una sociologia, una morale umana, tendente a stabilire in questo mondo il migliore Modus vivendi possibile. Dio non sarebbe così che il distributore delle nostre comodità e l'esecutore delle nostre concezioni. È mettere la religione con i piedi in alto e la faccia a terra. Rimettiamola nella sua posizione normale: il viso alzato verso Dio che è il nostro unico scopo.” (Realité unique et éternelle, ed. Du cloitre 1980, pp.37-38)

 Definizione più sintetica e precisa della crisi Modernista, che spaventosamente perdura nella Chiesa, non si può avere.

 “Cercavo avidamente di conoscere il dogma, questa Roccia...”: è questo che l'autorità deve servire nella Chiesa, e per far questo non deve “fluttuare in mezzo alle opinioni”.

 Se non c'è questo sguardo mistico sulla verità rivelata, questo sguardo che è il solo cattolico, si finisce schiavi dei flutti menzonieri delle opinioni, condannati a scrutare quali novità porterà l'autorità di turno. Se non c'è il dogma, se non c'è la stabilità della fede nelle verità rivelate, la vita cristiana assomiglia alla vita di una corte che si adatta al principe per piacergli: ed è la tragedia, ed è il ridicolo. Carissimi, viviamo una vita stabilmente poggiata sulla roccia, sull'acciaio infrangile della rivelazione, domandando all'Autorità della Chiesa che semplicemente ce la custodisca.
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